Cosa si mangia nel mondo: Madagascar

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Con questa nuova rubrica del blog, abbiamo deciso di scoprire di volta in volta cosa si mangia nelle varie parti del mondo, per confrontare i vari tipi di alimentazione e magari prendere spunto da qualche popolo per un’alimentazione più sana.

Abbiamo voluto iniziare con il Madagascar, una terra bellissima ed esotica, dove le persone vivono ancora in simbiosi con la natura e con i suoi frutti.

Il Madagascar vanta la più vasta biodiversità del mondo: molte specie vegetali ed animali si trovano solamente lì; ma è anche uno dei paesi più poveri del mondo. Gli abitanti del Madagascar sono persone semplici e con poche disponibilità economiche, tuttavia gli basta pescare un pesce in mare e raccogliere due cocchi o due banane per assicurarsi la cena.

Anche l’alimentazione in Madagascar è molto semplice e naturale. Come in gran parte del mondo, il piatto principale è il riso, che può essere accompagnato da carne di zebù, pollo, pesce, curry, manioca, verdure, ma anche da frutta come l’ananas e il cocco.

Gli zebù, simili alle mucche ma con una grande gobba, sono allevati in tutta l’isola. Ovviamente non esistono allevamenti intensivi, gli zebù sono liberi di pascolare, mangiano naturalmente e vengono abbattuti non prima degli otto anni di vita. La carne di conseguenza è molto più saporita di un manzo, ma, se cucinata a dovere, è ugualmente tenera ed è molto gustosa. Viene servita, oltre che con il riso, anche sotto forma di spezzatino, con l’aggiunta di varie verdure, come spiedino o come polpette.

Anche i polli sono allevati in tutta l’isola. Ogni villaggio, anche il più piccolo, ha le sue galline. Galline dalle zampe lunghissime che razzolano allegramente tra le capanne in paglia dei malgasci e che forniscono carne e uova.

Ma la cucina malgascia ha anche una chiara ispirazione asiatica: l’uso massiccio di curry e molti piatti con riso, soia, gamberi,verdure ne sono la prova.

E’ infatti molto comune trovare nei ristoranti dell’isola, spaghetti di soia, riso o grano, saltati con verdure, gamberi, curry, pollo e accompagnati da salsa agrodolce.

Il pesce invece è spesso servito semplicemente grigliato. Non ha bisogno di tanti fronzoli perché ha un sapore davvero unico. Mangiare in spiaggia calamari appena pescati e grigliati, accompagnati da verdure fresche, è qualcosa di speciale ed indimenticabile.

Altri piatti tipici sono le frittelle di farina di riso e i fagottini di sfoglia ripieni di carne, pesce o verdure (samosa).

I dolci malgasci invece sono pochi e molto semplici. Sono prevalentemente a base di frutta o frutta secca e spesso aromatizzati alla vaniglia: il Madagascar è infatti il primo produttore mondiale di vaniglia.

Latte di cocco con rhum o vaniglia, banane flambè, frittatine di banane, cocco fritto e zuccherato, banane con frutta secca e farina di riso, sono i dolci tipici, ma possiamo trovare anche alcuni dolci francesi, come le crepes e i croissants, arrivati in Madagascar con la dominazione francese terminata negli anni ’60.

Il tutto viene accompagnato da latte di cocco bevuto direttamente dalla noce, rhum (il Madagascar è stato il più grande produttore di rhum e ancora oggi il rhum malgascio è considerato molto pregiato), succhi di frutta fresca e the alla vaniglia o alla citronella.

Una bevanda molto curiosa è invece l’acqua di riso bruciata, ottenuta facendo bruciare sul fondo di un recipiente del riso bollito e aggiungendo acqua, che diventerà scura ed avrà un gusto affumicato ma dissetante.

Insomma, la cucina malgascia è varia e salutare grazie all’uso di verdure, riso, spezie, pesce fresco, spezie, carne allevata naturalmente e tanta frutta.

Purtroppo però si stanno diffondendo delle abitudini sbagliatissime per far fronte alla richiesta di turisti sconsiderati: infatti è sempre più diffusa l’usanza di servire nei ristoranti carne di lemure. I lemuri sono considerati dai malgasci animali sacri, i guardiani del mondo degli spiriti. Sono animali che vivono esclusivamente in Madagascar e purtroppo, a causa di questa barbara usanza (oltre che a causa del massiccio disboscamento), sono a rischio estinzione.

E voi, quale tipo di cucina avete gradito di più durante i vostri viaggi? Avete mai assaggiato piatti insoliti? Fateci sapere le vostre esperienze!

L’angolo delle ricette: Riso basmati saltato con verdure e curry

riso saltato con verdure e curry

Per inaugurare il nostro angolo di ricette veggie, vegan e bio, vi proponiamo un piatto dal gusto orientale e preparato con verdure fresche e di stagione. Perfetto per l’estate, leggero e facile da cucinare!

Ingredienti (per quattro persone):

  • Riso basmati biologico
  • 1 peperone
  • 1 zucchina media
  • 2 cipollotti
  • 1 carota
  • Piselli surgelati 100 gr. (o quanti ne preferite)
  • Germogli di soia
  • Salsa di soia
  • Curry
  • Sale
  • Olio extravergine di oliva

Preparazione:
Fate bollire il riso in una pentola con acqua salata. Nel frattempo, tagliate il cipolotto a fettine e le verdure a listarelle piccole e sottili.
Fate scaldare l’olio in un wok o un saltapasta e saltate le verdure per 10 minuti. Devono essere cotte ma croccanti. A metà cottura aggiungete due o tre cucchiai di salsa di soia (non esagerate, è molto salata).

Scolate il riso al dente e saltatelo per qualche minuto nel wok con le verdure, spolverizzando tutto col curry e amalgamando bene.

Consigli:
Cercate di acquistare tutti ingredienti biologici e l’olio extravergine di oliva da olive 100% italiane.

Potete sostituire o aggiungere le verdure come preferite, scegliendo sempre quelle di stagione.

Se utilizzate verdure che richiedono tempi di cottura maggiori (asparagi, broccoli, cavoli, fagiolini, ecc.), sbollentatele per qualche minuto prima di saltarle in padella.

Buon appetito!

“Pink Slime”, l’ingrediente horror dei fast food

carne separata meccanicamente

Sembra un nome uscito da un film dell’orrore, invece la “poltiglia rosa” o “pink slime” è un ingrediente comune delle nostre tavole. Chi non ha mai acquistato wurstel, cordon bleu, cotolette, o hamburger? E chi non è mai andato al fast food? Se vi riconoscete in queste situazioni, vuol dire che vi siete imbattuti nella carne separata meccanicamente.
Questa disgustosa melma rosa si ottiene mediante un procedimento che separa meccanicamente le rimanenze della carne dalle ossa (in Europa solo di polli e suini).
Una volta che si sono usati i tagli di carne più pregiati di un animale, quello che rimane viene pressato in appositi macchinari che sminuzzano e polverizzano anche ossa, tendini, tessuto nervoso e midollo. Ed ecco a voi la pink slime, largamente usata dall’industria alimentare per il suo basso costo e per la sua facilità di impiego.
E così, quando vi trovate nel piatto un bel wurstel di pollo, sappiate che del pollo originale lì dentro c’è veramente poco. Anche se è obbligatorio dichiarare in etichetta l’uso della carne separata meccanicamente, le aziende non amano farlo e trovano sempre qualche escamotage per nascondere o camuffare l’ingrediente incriminato.

Negli USA, dove si stima che il 70% della carne macinata in vendita sia addizionata con carne separata meccanicamente, la situazione è ancora più assurda perché la pink slime viene anche trattata con liquidi contenenti ammoniaca per igienizzarla, perdendo ogni sapore e colore. Viene successivamente insaporita con aromi artificiali e tinta con coloranti. Tutto questo è ancora vietato nell’Unione Europea.

Ma quali rischi si corrono?
La carne separata meccanicamente ha un rischio maggiore di sviluppare colonie batteriche. Più il processo di separazione avviene ad alta pressione, più le fibre muscolari vengono distrutte e questo porta ad un ambiente favorevole alla crescita di batteri. Inoltre l’apporto nutritivo di questa sostanza a base di scarti alimentari è praticamente inesistente e l’origine della carne utilizzata, che proviene sicuramente da allevamenti intensivi, non può essere identificata in alcun modo.
Se poi si tratta di manzo separato meccanicamente c’è un rischio maggiore: quello di contrarre la BSE (morbo della mucca pazza). Per ora in Europa sono vietati la produzione e il commercio di manzo separato meccanicamente, ma le norme a riguardo diventano ogni anno più permissive.

E’ sempre importante leggere le etichette, ma in linea generale sarebbe bene evitare i fast food e tutti questi prodotti confezionati: carne macinata, affettati, cotolette, bocconcini di pollo impanati, wurstel, cordon bleu, hamburger, rollé, polpette, bastoncini di pesce, pesce impanato (LA SEPARAZIONE MECCANICA SI UTILIZZA INFATTI ANCHE PER IL PESCE).
Anche se sono biologici, non vuol dire che siano sicuri. Infatti anche le marche bio utilizzano carne separata meccanicamente.

Noi siamo dei grandi sostenitori della dieta vegetariana per motivi etici e di salute, ma se proprio avete scelto di mangiare la carne (ricordatevi di non mangiarla tutti i giorni), evitate i prodotti confezionati. Scegliete carne italiana e biologica, acquistatela in una macelleria di fiducia, fatela macinare (o affettare nel caso dei salumi) davanti agli vostri occhi, impanate voi le cotolette e lasciate perdere i fast food.
Ed occhio sempre all’etichetta.

Pomodori: quanti benefici!

pomodori

L’estate è quasi alle porte e sulle nostre tavole ritornano i pomodori, versatili, amati da tutti e ricchi di sostanze benefiche.

Questi ortaggi (anzi, più propriamente sono dei frutti), sono diventati il simbolo della cucina italiana, ma la loro casa natale si trova dall’altra parte del mondo.
Il pomodoro è infatti originario dell’America Centrale e Meridionale ed è conosciuto da tempi antichissimi. Già gli Atzechi era soliti ad usarlo nella preparazione di varie pietanze e lo chiamavano xitomatl (da questo termine deriva l’origine della parola tomato).
In Europa arrivò nel 1540 per merito dello spagnolo Hernàn Cortés (il condottiero che abbatté l’impero Atzeco e lo sottomise al Regno di Spagna), ma la sua diffusione come alimento avvenne solo a partire dalla seconda metà del 1600. In origine si credeva infatti che il pomodoro fosse tossico, perché facente parte delle Solanacee (a quell’epoca si credeva che la solanina fosse velenosa per l’uomo) e di conseguenza per oltre un secolo venne usato esclusivamente come pianta ornamentale.
In Italia arrivò nel 1596 e trovando condizioni favorevoli nel sud del nostro Paese, virò il suo colore dall’originario oro che diede il nome alla pianta, all’attuale rosso, grazie anche a innesti e selezioni.

Il pomodoro è una ricca fonte sostanze benefiche ed è un alimento povero di calorie. E’ molto dissetante perchè contiene il 93% di acqua.
Ha un buon contenuto di sali minerali ed oligoelementi, primo tra tutti il potassio, seguito dal fosforo, calcio, ferro, zinco e selenio.
E’ inoltre ricco di vitamine, soprattutto di vitamina C. Un solo pomodoro maturo copre il 40% del fabbisogno giornaliero di vitamina C di un adulto. Nel pomodoro troviamo anche la vitamina A, sotto forma di betacarotene, e le vitamine del gruppo B, utilissime per il ricambio cellulare e l’ossigenazione dei tessuti.
Gli acidi citrico e malico, presenti nella sua polpa, sono in grado di stimolare l’appetito e rigenerare i tessuti, mentre le numerose fibre (2%) presenti soprattutto nella buccia e nei semi aiutano la regolarità intestinale.

Ma il pomodoro è anche ricco di licopene, l’unica sostanza che non si distrugge con la cottura ma bensì aumenta. Assumere il licopene con l’alimentazione è fondamentale, perché l’essere umano non è in grado di sintetizzare da solo questa sostanza. E l’olio di oliva usato per condire i pomodori ne facilita l’assorbimento.
Il licopene è un potente antiossidante, letteralmente uno “spazzino” dei radicali liberi. E’ inoltre antitumorale: consumare regolarmente alimenti ricchi di licopene aiuta a prevenire diversi tipi di tumore, tra cui quello alla prostata e quello alla mammella. Secondo una ricerca della rivista scientifica “International Journal of Cancer”, basta consumare i pomodori una volta alla settimana per prevenire il rischio di tumore all’apparato digerente. Una seconda ricerca, condotta dalla Harvard Medical School su 48.000 uomini, ha rilevato che chi consuma alimenti a base di pomodoro più di due volte alla settimana, vede ridursi del 34% il rischio di cancro alla prostata rispetto a chi non ne consuma affatto.
Il licopene inoltre previene le patologie cardiovascolari ed ha un effetto protettivo nei confronti della pelle.

Raccomandiamo comunque di consumare sempre i pomodori sempre nella loro stagione, scegliendoli rossi e ben maturi, primo perché contengono più quantità di vitamine e licopene, secondo perché contengono meno solanina (presente anche nei peperoni, nelle melanzane e nelle patate): anche se non è velenosa per l’uomo come si credeva secoli fa, un consumo eccessivo può portare a problemi gastrointestinali anche seri.
Inoltre preferite sempre pomodori biologici e a km 0.
O meglio ancora, coltivati da voi!

Chernobyl: funghi, latte e pesce radioattivi ancora oggi

chernobyl

Quello che successe a Chernobyl quasi trent’anni fa è storia conosciuta. Soprattutto a causa del disastro di Fukushima, si è tornato a parlare molto del nucleare. Ma quello che non si dice, o meglio, che si dice ma chissà perché si preferisce subito dimenticare, è che ancora oggi rischiamo di portare in tavola alimenti contaminati da particelle radioattive.
E ogni tanto purtroppo questo rischio diventa realtà: uno dei casi più eclatanti risale a tre anni fa in Inghilterra, quando furono sequestrati diversi carichi di funghi secchi provenienti dalla Bulgaria, poiché risultarono contaminati tutti da Cesio 137 proprio a causa di Chernobyl.
Il pericolo maggiore proviene infatti dai funghi, che non hanno radici e assorbono ogni elemento dall’atmosfera con la loro intera superficie.
Il governo Ucraino ha interrotto da qualche anno i controlli che effettuava regolarmente sugli alimenti esportati, ma il rischio di radioattività è ancora alto, sostiene Greenpeace, che ha monitorato gli alimenti provenienti dalla zona, raccogliendo dati preoccupanti: tra i più contaminati ci sono proprio i funghi, il latte e i frutti di bosco.
In Ucraina infatti sono 18 mila i chilometri quadrati di terreni agricoli contaminati dall’esplosione di Chernobyl. A questi si aggiunge il 40% dei boschi, tuttora contaminati, pari a una superficie di 35mila chilometri quadrati.
Insomma, non c’è da stare tranquilli. Sono stati addirittura trovati dei livelli relativamente alti di Cesio 137 in alcune zone montane del Piemonte (tracce rilevate nel latte d’alpeggio, nei funghi e nei cinghiali).

Ma in realtà l’emergenza nucleare è ben più estesa di quello che crediamo: se infatti il dramma di Chernobyl è stato ed è ancora sotto gli occhi di tutti, ci sono degli avvenimenti che rimangono segreti e nascosti, o quasi. In pochi infatti sanno che i paesi dell’ex Unione Sovietica, oltre a fare i conti con la radioattività proveniente da Chernobyl, devono vedersela con problemi ben più insidiosi: le numerose discariche di scorie radioattive sparse sul territorio e lo smantellamento degli armamenti nucleari sovietici. La Russia può tristemente vantare i tre siti più radioattivi del mondo (Seversk, Mayak e Zheleznogorsk): sono aree boschive ricche di funghi selvatici che vengono raccolti e venduti in tutta Europa.
L’inquinamento riguarda anche i corsi d’acqua della Siberia, che si riversano nell’oceano Artico, contaminando gran parte della popolazione ittica.

Allora ecco alcuni piccoli e preziosi consigli per evitare di incorrere in cibi radioattivi:

  • Cercate sempre di acquistare funghi freschi italiani, ma se decidete di comprarli surgelati o secchi assicuratevi della loro provenienza. Se non è possibile capirne la provenienza, evitateli.
  • Cercate di acquistare solo latte italiano, magari della vostra regione. Se acquistate prodotti che contengono latte, preferite quelli che indicano in etichetta “100% LATTE ITALIANO”.
  • Evitate i frutti di bosco surgelati. Evitate prodotti che contengono frutti di bosco dalla provenienza sconosciuta (yogurt, merendine, ecc.).
  • Evitate il pesce surgelato e il pesce che proviene dall’oceano Artico (leggete sempre le etichette). Evitate i pesci di acqua dolce e i pesci di grossa taglia che assorbono più sostanze nocive rispetto a quelli di piccola taglia.
  • Quando andate a mangiare al ristorante, preferite posti che prestano attenzione alla qualità degli ingredienti usati.

Non preoccupatevi più del necessario. Alimentazione consapevole non vuol dire vivere nell’ansia e nella paranoia, ma informarsi sempre e saper scegliere bene, facendo anche qualche piccolo sacrificio.
E vedrete che sicuramente la vostra salute ringrazierà.

Fonte: Ispettori Micologi

Latte in polvere per i neonati? Meglio quello di asina!

Donkey

L’immagine che ci viene in mente è quella di Cleopatra o di Poppea immerse in una vasca colma di latte di asina. Ma questo latte è molto di più che un elisir di bellezza. Il latte di asina è quello più simile al latte materno per proprietà nutritive. Ed è più nutriente e meno grasso di quello di mucca. Le sue virtù terapeutiche sono conosciute fin dall’antica Grecia, quando Ippocrate era solito a prescrivere il latte di asina per numerose malattie, dall’avvenelamento alla febbre. Ma cerchiamo di capire perchè sempre più mamme che non hanno sufficiente latte scelgono di alimentare i neonati con latte di asina invece di usare il quello artificiale.

Andiamo a vedere la composizione del latte di asina rispetto a quello umano e di mucca:

Composizione del latte di asina, di giumenta, umano e di vacca (g/100 g)
asina giumenta umano vacca
pH 7,0 – 7,2 7,18 7,0 – 7,5 6,6 –
proteine 1, 5 – 1,8 1,5 – 2,8 0,9 – 1,7 3,1 – 3,8
lipidi 0,3 – 1,8 0,5 – 2,0 3,5 – 4,0 3,5 – 3,9
lattosio 5,8 – 7,4 5, 8 – 7,0 6,3 – 7,0 4,4 – 4,9
residuo 0,3 – 0,5 0,3 – 0,5 0,2 – 0,3 0,7 – 0,8

Come possiamo vedere dalla tabella, il latte di asina ha un ph uguale a quello umano mentre il ph del latte vaccino è più acido. Inoltre il latte di asina fornisce una quantità di proteine inferiore a quello di mucca ed è più simile al tenore proteico del latte umano. E’ molto più magro di quello vaccino e contiene una quantità di lattosio quasi uguale al latte materno.

E adesso andiamo a scoprire cosa contiene invece il latte in polvere che si acquista abitualmente per i neonati e che viene sempre più spesso prescritto per affiancare il latte materno oltre che per sostituirlo. Cerchiamo in rete gli ingredienti di un latte artificiale per neonati tra quelli più conosciuti ed eccoli qua:

Latte scremato, siero di latte in polvere parzialmente demineralizzato, oli vegetali, maltodestrine, panna, sali minerali (potassio, sodio, cloro, calcio, magnesio, ferro, zinco, rame, iodio), lattosio, emulsionante lecitine, vitamine (C,E, niacina, calcio pantotenato, B6, B1, A, acido folico, K1, biotina, D3, B12), taurina.

Partiamo dagli oli vegetali. Gli oli principalmente usati nell’industria alimentare sono l’olio di palma e l’olio di cocco, oli che contengono un’elevata quantità di grassi saturi e subiscono un processo di lavorazione, raffinazione e sbiancamento che richiede l’uso di numerose sostanze chimiche. Le principali aziende che producono latte in polvere (Nipiol, Mellin, Plasmon, Milupa) hanno tutte confermato l’ultilizzo di questi oli nei loro prodotti. Nella lista degli ingredienti, gli oli vegetali si trovano al terzo posto, quindi vuol dire che sono il terzo ingrediente più utilizzato nel latte.
Le maltodestrine, quarta voce della lista, sono carboidrati complessi idrosolubili. Si ricavano con processi chimici scomponendo gli amidi dei cereali (soprattutto il mais) o dei tuberi. Ha un alto indice glicemico, simile a quello del pane bianco. Purtroppo non è possibile individuare la provenienza dell’amido da cui sono prodotte le maltodestrine, per cui il rischio è di incorrere in amido di mais OGM, inoltre le maltodestrine potrebbero contenere tracce di glutine.
La panna, al quinto posto, non ha bisogno di spiegazioni. Sappiamo tutti che è un alimento molto grasso che tendiamo ad evitare perfino da adulti, quindi figuriamoci somministrarla ad un lattante.
Le lecitine sono delle sostanze derivate da molti alimenti come la soia e il tuorlo. Peccato che non sia specificato che tipo di lecitine usano, probabilmente un mix, e il rischio è sempre quello di imbattersi in soia o altri alimenti OGM. Inoltre spesso la lecitina è trattata per aumentare la sua “resa” tramite il processo di idrolisi enzimatica, utilizzando enzimi pancreatici.
Continuando troviamo una lista di vitamine sintetiche addizionate al latte. Purtroppo è noto ormai da tempo che le vitamine sintetiche non riescono a sustituire quelle naturali, ma anzi in alcuni casi sono dannose.
Concludiamo con la taurina, sostanza che è anche l’ingrediente degli energy drink. Ultimamente c’è una gran polemica proprio riguardo all’uso della taurina nei latti artificiali, poichè secondo Asso-Consum avrebbe gli stessi effetti della caffeina.

Allora vi chiediamo una cosa: voi berreste ogni giorno questo latte? Noi personalmente no, e avendolo anche assaggiato (ha un odoraccio e un sapore pessimo con non ricorda neanche lontanamente il latte) siamo ancora più sicuri di questa nostra affermazione.

Anche se l’allattamento al seno è da preferire in ogni caso, il latte di asina risulta essere un buon sostituto nei casi in cui non si abbia sufficiente latte materno. Il latte di asina è inoltre indicato in caso di allergie alimentari o intolleranze e aiuta il bambino a sviluppare correttamente il sistema immunitario senza il rischio incorrere in deficit nutrizionali. Online è possibile trovare un gran numero di siti italiani che vendono latte di asina, biologico e non (è ovviamente da preferire quello biologico), e lo spediscono direttamente a casa in contenitori refrigerati.
Sembra facile acquistare latte di asina, quindi perchè non provare?

E voi cosa ne pensate? Avete mai provato il latte di asina come sostituto del latte materno o come affiancamento? Fateci sapere le vostre esperienze!

Miglioratori del pane, se ne parla sempre troppo poco

pane

Ogni tanto l’opinione pubblica decide di occuparsi di questo argomento. Puntualmente, ogni quattro o cinque anni, qualcuno grida allo scandalo, si leggono articoli, si sentono notizie, le persone si infervorano, ma poi dopo un pò tutto tace di nuovo. E per questo i miglioratori del pane continuano ad essere usati, sempre più diffusamente. Ma cosa sono i miglioratori del pane? Il nome ci suggerisce il loro utilizzo ma può trarre in inganno. Sono infatti delle sostanze, degli additivi usati per migliorare non certo la qualità del pane quanto la forza degli impasti, la tenuta, la lievitazione. Servono soprattutto nel caso in cui si usino delle farine di qualità inferiore (e qui si pone un altro problema che analizzeremo successivamente). Ma, domanda da un milione di dollari…. cosa contengono davvero i miglioratori del pane? Non è facile capirlo con precisione. Alcuni miglioratori contengono enzimi. Enzimi estratti dal pancreas del maiale. E questo è un bel problema se si segue una dieta vegetariana o vegana. Un prolema perchè non c’è nessuna etichetta che indichi la presenza di questi additivi e non è obbligatorio dichiararli. Ma anche chi non è vegetariano può provare un senso di ribrezzo al pensiero di mangiare enzimi pancreatici in mezzo al pane.

Continuando la ricerca, troviamo un sito che vende proprio questi miglioratori per pane, rifornisce forni e pasticcerie. Troviamo un’ampia scelta di miglioratori di tutti i generi, ma dagli ingredienti misteriosi. Infatti nella descrizione dei prodotti, eccetto in alcuni lacunosi casi, non c’è la minima menzione degli ingredienti.

Ci sta il “Miglioratore universale adatto a tutti i tipi di pane e prodotti da forno“che:

  • Migliora la qualità degli impasti, la loro “forza” e la tenuta in lievitazione
  • Rende gli impasti ben estensibili e facilmente lavorabili
  • Basso dosaggio di utilizzo, poichè è attivo anche a dosi molto basse
  • Conferisce sviluppo ottimale ai prodotti finiti
  • Mollica soffice e profumata con crosta sottile e croccante
  • Non contiene emulsionanti da dichiarare in etichetta
  • E’ di impiego universale e può essere utilizzato per tutti i tipi di pane e di prodotti lievitati da forno

Poi c’è il “Miglioratore universale con lecitina per pane e prodotti da forno” che contiene lecitina, un emulsionante di origine vegetale dalle note proprietà positive.

  • Sapore ricco e gustoso
  • Contiene glutine, che conferisce stabilità e tolleranza di lievitazione agli impasti, che risultano anche più plastici e di facile lavorazione
  • Ottime prestazioni anche con le tecniche di lievitazione ritardata (fermalievitazione)

E infine i famigerati miglioratori enzimatici, più decine di altri miglioratori adatti ad ogni tipo di lievitazione, temperatura, impasto, farine usate. Un’ampia scelta, ma in nessuno di questi casi c’è il minimo accenno agli ingredienti. Per quanto riguarda la lecitina di soia, piu che di proprietà positive (come le definiscono loro) bisognerebbe parlare di lecitina di soia dalla provenienza sconosciuta e probabilmente OGM. E il bello è che la stessa azienda commercializza anche farine e miglioratori biologici, sempre non indicando gli ingredienti e la provenienza, ma solo un vaga descrizione: Coadiuvante a base enzimatica con ingredienti da agricoltura biologica.

E adesso arriviamo alla qualità delle farine usate: è indubbio che se si usa una buona farina di qualità e un buon lievito fresco non industriale, l’impasto viene bene anche senza miglioratori. Quindi è ovvio che chi usa questi miglioratori lo fa per sopperire alla scarsa qualità delle farine e del lievito usato.

Anche delle farine di pane e pasta si è parlato molto ultimamente. Infatti ormai la maggior parte della farina e del grano vengono importati e addirittura semilavorati già all’estero. In alcuni casi (quelli noti, perchè sottoposti a sequestro durante i controlli), i livelli di micotossine erano molto al di sopra dei livelli stabiliti per legge a causa di produzioni e stoccaggi scorretti. Ma i controlli si sa che sono fatti a campione, quindi probabilmente per una derrata che è stata fermata ne sono passate dieci contaminate da micotossine. Dobbiamo purtroppo precisare che in molti casi il problema delle micotossine è anche italiano, e dovuto alla scarsa (inesistente) pulizia dei silos o alla cattiva conservazione delle farine da parte dei forni.

Quindi nel nostro pane oggi possiamo trovare enzimi pancreatici, soia ogm, sostanze antimicotiche, vari additivi chimici non meglio identificati, grassi idrogenati, e chissà cos’altro. I danni che tutto ciò provoca alla salute sono ancora poco conosciuti, ma diversi studi hanno dimostrato che c’è una stretta relazione tra l’uso di additivi chimici e le allergie che sono in aumento esponenziale negli ultimi anni, così come la celiachia. Stiamo inoltre assistendo alla nascita di nuove patologie, come la MCS (Sensibilità Chimica Multipla), una grave e mortale patologia ambientale. E la ME (encefalomielite mialgica, chiamata precedentemente sindrome della fatica cronica) una patologia multifattoriale e invalidante dalle cause ancora sconosciute (con concause sicuramente ambientali).

Ma quindi è impossibile essere sicuri della qualità del pane che si mangia? Sembrerebbe di si, possiamo dire chè è molto difficile, ma non impossibile. E’ difficile, perchè mantenere sempre l’attenzione alta su quello che si compra è faticoso. E’ difficile perchè se si vuole essere sicuri che il pane che mangiamo sia sano, bisognerebbe imparare a farselo in casa (possibilmente a mano) e farlo quotidianamente, usando farine da agricoltura biologica made in Italy (è vero anche che al giorno d’oggi il vero biologico non esiste quasi più, data anche la contaminazione dei terreni, dell’acqua e dell’aria, però i prodotti bio sono sicuramente più sani).

Ma forse vale la pena tentare, facendo diventare questi gesti sconosciuti o quasi, una piacevole routine.

E voi vi fate il pane in casa da soli? Vorreste cominciare? Fateci sapere le vostre esperienze!

Canapa: i mille usi di una pianta formidabile

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La canapa è una pianta antichissima, dalla storia millenaria, dai mille utilizzi e dalle proprietà benefiche inimmaginabili. E’ una pianta ecosostenibile perchè cresce velocemente, non ha bisogno di diserbanti, la sua coltivazione arricchisce il terreno di sostanze nutritive. E’ una pianta che può essere usata in moltissimi campi e con un rendimento sempre altissimo. Dalla bioedilizia all’alimentazione, la canapa ci sorprende in ogni campo per le sue enormi qualità. Percorriamo brevemente la sua storia e andiamo a scoprire le sue proprietà.

Storia della canapa

  •  La pianta di canapa si diffuse spontaneamente a partire dalle regioni dell’Asia orientale,

circa 5000 anni fa.

  •   Anche in India l’uso della canapa fu introdotto sin dall’antichità: era usata durante le cerimonie religiose, per la meditazione, per le sue proprietà curative, per la fibra, l’olio e come alimento.
  •   La canapa, inizialmente, fu sfruttata per le sue proprietà mediche.
  •   Intorno al 100 a.c. s’iniziò a utilizzarla per la produzione di carta.
  •   La canapa giunse in Medio Oriente e in Europa attraverso le migrazioni delle tribù nomadi dell’Asia centrale, in particolare tramite gli Sciiti.
  •   Nell’antico Egitto si diffuse rapidamente e usata in medicina.
  •   In Europa, a partire dal V secolo a.c. s’iniziò a coltivare la canapa in Norvegia, Svezia e Germania e nella Gran Bretagna celtica.
  •   Esistono diverse testimonianze storiche: il greco Erodoto (484- 425 a.c.) la cita nella descrizione dei riti funerari, nell’Antica Roma Dioscoride, il medico di Nerone, citava la canapa in diversi scritti riguardo ai suoi usi medici (512 d.c.) e Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) ne annotava l’uso per vele e cordame.
  •   Dopo il 1500, cominciò a essere coltivata anche in America; in Messico, coltivata dai contadini, era chiamata marijuana e da lì fu diffuso il suo uso psicotropo negli Stati Uniti.

La canapa è stata utilizzata come materia prima in vari settori fino alla metà del XX secolo. Fino a quel momento l’Italia era uno dei principali paesi produttori mondiali – seconda solo all’Unione Sovietica – con quasi 100.000 ettari coltivati all’anno.

A PARTIRE DAGLI ANNI ’50 LA SUA COLTURA COMINCIÒ AD ESSERE ABBANDONATA per diversi motivi tra cui la sostituzione della navigazione a vela con la navigazione a vapore, l’introduzione di fibre tessili producibili a minor costo sia sintetiche (nailon e raion) che naturali (juta, sisal, cotone), la campagna nei confronti della canapa da droga.
Inoltre nel 1961, l’ONU impose agli stati aderenti di estirpare i campi coltivati a canapa, avendola classificata tra le sostanze stupefacenti.
In realtà il divieto riguardò solo la cannabis indica e non anche la canapa industriale (cannabis sativa) che, non contenendo il principio psicoattivo, non ha effetti stupefacenti. Tuttavia le leggi proibizionistiche applicate in Italia vietarono la coltivazione di entrambe, data la difficoltà nel distinguere le due varietà in base a caratteristiche morfologiche.

Negli ultimi decenni, si è assistito, ove possibile, alla reintroduzione della coltura della canapa, grazie ad un rinnovato interesse verso le materie prime naturali, non allergiche, ecologiche.

In Italia il primo passo verso la reintroduzione della coltura della canapa risale al 1995, quando il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali commissionò uno studio sulla canapa da fibra finalizzata a sviluppare un metodo per determinare il contenuto di cannabinoidi e, soprattutto, a selezionare varietà della pianta che permettessero di distinguere la canapa industriale da quella psicoattiva.
Nel 1999 è stato fondato a Ferrara il Consorzio CANAPAITALIA che riunisce le aziende impegnate nella reintroduzione della canapa sativa.
A livello di comunità europea, dal 2000 è stato stabilito un decreto ministeriale che prevede un sostegno a favore dei coltivatori di alcune piante da fibra, tra cui le varietà di canapa con THC non superiore allo 0,2%.

Fonte: Canvas fibre naturali

Materie prime che si ricavano dalla canapa

La canapa è una pianta dal fusto alto e sottile, con la parte sommitale ricoperta di foglie, e può superare i 4 metri d’altezza. La parte fibrosa del fusto si chiama “tiglio” e la parte legnosa “canapolo”. La canapa può essere coltivata per due scopi principali: per la fibra o per i semi. Se si coltiva la canapa per la fibra tessile il raccolto va fatto subito dopo la fioritura, si possono ottenere fibre tessili (20%), stoppa (10%) e legno o canapolo(70%). Se invece si coltiva la canapa per i semi occorre aspettare la maturazione degli stessi, e la parte fibrosa o tiglio risulta inadatta per l’uso tessile. Una importante caratteristica della pianta di canapa è la sua produttività. E’ la pianta più produttiva in massa vegetale di tutta la zona temperata: una coltivazione della durata di tre mesi e mezzo produce una biomassa quattro volte maggiore di quella prodotta dalla stessa superficie di bosco in un anno. Oltretutto, data la sua velocissima crescita, essa sottrae la luce e soffoca tutte le altre erbe presenti sul terreno, e lo libera quindi da tutte le infestanti meglio di quanto non sappiano fare i diserbanti.

TESSUTI
La pianta di canapa é più produttiva in fibra tessile del cotone, inoltre la sua la fibra è molto più robusta e dura più a lungo. Attualmente può essere lavorata in modo da renderla sottile quanto si vuole, e viene proposta in sostituzione del cotone e delle fibre sintetiche.

SEMI E OLIO
Per il loro valore nutritivo i semi di canapa sono stati proposti come rimedio alla carenza di proteine dei paesi in via di sviluppo.Le qualità dell’olio di canapa sono eccezionali. E’ particolarmente ricco di grassi insaturi ed è l’ideale per correggere la dieta dell’uomo moderno e per prevenire le malattie del sistema cardiocircolatorio, inoltre può essere efficacemente utilizzato per uso esterno. Altrettanto straordinarie sono le proprietà di questo olio per gli usi industriali: non a caso è stato paragonato all’olio di balena. Le vernici fabbricate con questa materia prima, oltre a non essere inquinanti, sono di alta qualità. Con l’olio di canapa si possono inoltre fabbricare saponi, cere, cosmetici, detersivi (veramente biodegradabili), lubrificanti di precisione ecc.

CARTA
Una volta estratta la fibra tessile o dopo aver raccolto di semi, rimangono la stoppa più la parte legnosa o canapolo, che non si possono considerare solo un semplice sottoprodotto, ma un’altra importante materia prima. Con la stoppa si può fabbricare carta di alta qualità, sottile e resistente. Con le corte fibre cellulosiche del legno si può produrre la carta di uso più corrente, come la carta di giornale, i cartoni ecc.Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in massa vegetale; un altro grosso vantaggio della canapa è costituito dalla bassa percentuale di lignina rispetto al legno degli alberi, che ne contengono circa il 20 % oltread un’analoga percentuale di sostanze leganti.Attualmente le grandi cartiere utilizzano solo il legname degli alberi. Il processo per ottenere le microfibre pulite di cellulosa, e quindi la pasta per la carta, prevede l’uso di grandi quantità di acidi che servono per sciogliere il legno. Questa operazione, ad un tempo costosa ed inquinante, non è necessaria con la carta di canapa ottenuta dalla sola fibra, e per quanto riguarda il legno di acidi ne servono meno della metà. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile. E per renderla completamente bianca è sufficiente un trattamento al perossido di idrogeno (acqua ossigenata), invece dei composti a base di cloro necessari per la carta ricavata dal legno degli alberi.

MATERIALI PLASTICI
Con la cellulosa di cui la pianta è ricca, attraverso un processo di polimerizzazione, si possono ottenere materiali plastici pienamente degradabili che, se in molti casi non possono competere con le sofisticate materie plastiche di oggi, hanno comunque fin dall’inizio una serie di usi importanti per imballaggi, isolanti e così via.

COMBUSTIBILI
La canapa, per la sua alta resa in massa vegetale, è considerata anche la pianta ideale per la produzione d i combustibili da biomassa in sostituzione dei prodotti petroliferi.

 Fonte: mrgreen

Canapa alimentare

Per secoli la canapa è stata usata sotto forma di semolino, pappe  e minestre. In effetti il suo contenuto nutrizionale è interessante sia sotto il profilo proteico, che per quanto riguarda l’equilibrio dei grassi.

I semi di Canapa contengono circa il 22% di proteine molto assimilabili e complete, comprendono cioè tutti e otto gli amminoacidi essenziali come cereali e legumi insieme. Forniscono molte fibre, sali minerali quali calcio, ferro, fosforo, magnesio, potassio e zinco. Hanno un buon tenore di vitamina E, una vitamina che protegge le nostre cellule dai danni e dall’invecchiamento. Anche se i semi di lino rimangono la miglior fonte vegetale di omega 3 con azione antinfiammatoria (vedi tabella) i semi di canapa forniscono grassi di ottima qualità : 80% di insaturi, di cui 55% omega 6, 22% omega 3. Questi grassi sono d’importanza vitale per l’equilibrio del nostro sistema immunitario, ripuliscono le arterie dalle placche e dal colesterolo.

Dai semi di canapa si ricava un olio verde, dal gradevole gusto fruttato, da impiegare esclusivamente a crudo e conservare rigorosamente in frigo. L’olio di semi di canapa, che ha anche un uso cosmetico, non va confuso con l’olio essenziale. Quest’ultimo viene ricavato dai fiori, ha colore giallino e viene utilizzato soprattutto in cosmesi. Inoltre si possono ottenere margarina, farina, hamburger e formaggi vegetali, creme e semi decorticati, con cui preparare cibi squisiti che garantiscono un buon approvvigionamento di amminoacidi e acidi grassi essenziali, così da avere un corpo forte e sano, un sistema immunitario ben funzionante, benessere ed energia vitale.

Il buon contenuto di proteine che rende questi semi interessanti per la produzione di latte alternativo al latte di soia e di un “formaggio” molto simile al tofu chiamato “Hemp-fu”.

La canapa è quindi attualmente una pianta molto promettente  perché mette insieme caratteristiche utili in agricoltura di miglioramento della fertilità del terreno, con aspetti economici per la produzione di imballaggi, materiale isolante, tessuti, ecc, e non ultimo l’interesse salutistico per la possibilità di ricavare alimenti caratteristici come buone fonti di proteine vegetali e per il discreto bilanciamento di acidi grassi essenziali.

Fonti:

Spigad’oro

 Assocanapa

Provato per voi: canapa alimentare

I mille benefici della canapa alimentare biologica

I mille benefici della canapa alimentare biologica

La farina derivata dai semi di canapa è ideale per qualsiasi tipo di cottura, specialmente per quelle al forno. Dona ai piatti un sapore delicato di noci, è un ricco alimento nutritivo. Non contiene glutine.

La farina derivata dai semi di canapa è ideale per qualsiasi tipo di cottura, specialmente per quelle al forno. Dona ai piatti un sapore delicato di noci, è un ricco alimento nutritivo.
Non contiene glutine.

L'olio di canapa è stato preparato con semi da agricoltura biologica. Ha un gusto piacevole di noci, ha un'alta quantità di acidi grassi polinsaturi in una combinazione perfettamente bilanciata. A differenza degli altri oli vegetali, quest'olio è privo di colesterolo, sostiene efficacemente il ricambio cellulare e rinforza il sistema immunitario. Non è adatto per friggere, si usa a crudo.

L’olio di canapa è stato preparato con semi da agricoltura biologica. Ha un gusto piacevole di noci, ha un’alta quantità di acidi grassi polinsaturi in una combinazione perfettamente bilanciata. A differenza degli altri oli vegetali, quest’olio è privo di colesterolo, sostiene efficacemente il ricambio cellulare e rinforza il sistema immunitario. Non è adatto per friggere, si usa a crudo.

Semi di canapa biologica tostati, aroma vaniglia. La canapa alimentare è ricca di nutrienti, aiuta il metabolismo e fortifica il sistema immunitario. L'uso delal canapa dovrebbe avere nell'alimentazione giornaliera un posto importante per il nostro benessere.

Semi di canapa biologica tostati, aroma vaniglia. La canapa alimentare è ricca di nutrienti, aiuta il metabolismo e fortifica il sistema immunitario. L’uso delal canapa dovrebbe avere nell’alimentazione giornaliera un posto importante per il nostro benessere.

Semi di canapa tostati e aromatizzati: informazioni nutrizionali

Semi di canapa tostati e aromatizzati: informazioni nutrizionali

Olio di semi di canapa: informazioni nutrizionali

Olio di semi di canapa: informazioni nutrizionali

Farina di semi di canapa: informazioni nutrizionali

Farina di semi di canapa: informazioni nutrizionali

Il seme della canapa racchiude in sè un insieme di pregi che non trova paragoni negli altri alimenti vegetali:

1.  ricca percentuale di acidi grassi insaturi Omega 3, Omega 6 e Omega 9 nella migliore combinazione possibile per il corpo umano; il corretto equilibrio di questi componenti rappresenta il modo più efficace per assumere acidi grassi essenziali (altro che yogurt delle multinazionali…:-) che sono necessari al nostro corpo per mantenersi efficiente e ritardare i processi di invecchiamento

2.  le molecole degli alimenti di canapa agiscono direttamente sui quei recettori delle cellule preposti a stimolare la risposta difensiva delle stesse verso malattie, febbre, infiammazioni di qualsiasi tipo, dolori, traumi, coaguli sanguigni, pressione alta, ecc… riequilibrando così le “tempeste” del nostro organismo; la presenza del cannabidiolo (che non ha effetto psicoattivo) contribuisce alla riattivazione delle difese immunitarie agevolando inoltre i processi delle funzioni cognitive e mentali

3.  il seme di canapa, che non contiene né THC né glutine, è l’alimento con il più alto valore nutrizionale conosciuto nel mondo vegetale; se intero (non decorticato) contiene:

– Proteine per il 20/25%. Per il contenuto di edestina e di albumina le proteine comprendono tutti
e nove gli amminoacidi essenziali, in una combinazione che fornisce al corpo le materie prime su
cui creare altre proteine come le immunoglobuline (gli anticorpi).

– Acidi grassi per il 34/35%, costituiti per il 70/75% da acidi grassi polinsaturi (EFA) tra cui l’acido linoleico (omega 6), l’acido linolenico (omega 3), l’acido gammalinolenico (GLa) precursore delle prostaglandine, sostanze che regolano l’attività dei muscoli, dei ricettori nervosi e di molte ghiandole, l’acido stearidonico.

– Carboidrati , per un valore energetico di circa 516/kcal ogni 100 grammi

– Fibra grezza, facilita il transito intestinale diminuendo l’assorbimento dei grassi, aumenta la sazietà e riduce la fame

– Sali minerali tra cui soprattutto ferro, calcio, magnesio, potassio e fosforo

– Vitamine A,E,PP,C e del gruppo B (B1 e B2) con esclusione della vitamina B12

– Fitosteroli, che ostacolano l’assorbimento del colesterolo da parte dell’organismo e riducono i livelli di colesterolo LDL (quello cattivo) e totale nel sangue

– Fosfolipidi indispensabili per l’integrità delle membrane cellulari, contribuiscono a spezzare le molecole dei grassi ingeriti e migliorano il loro utilizzo da parte del fegato

I valori percentuali indicati sopra oscillano a seconda delle varietà, in genere aumentano in quelle
coltivate alle latitudini più fredde (punto 3. : fonte Assocanapa).

Fateci sapere le vostre esperienze con la canapa alimentare, se la usate, le vostre ricette e se ne siete soddisfatti!

Mario Pianesi: pioniere italiano dell’alimentazione naturale ed equilibrata

La grande idea del marchigiano Mario Pianesi nasce nel 1980, quando decide di fondare l’associazione “Un Punto Macrobiotico”. Associazione che si ispira alla filosofia macrobiotica del giapponese George Ohsawa, nata alla fine dell’800.

Ad oggi l’associazione conta decine di ristoranti e punti vendita sparsi su tutto il territorio Italiano, che promuovono un’alimentazione sana, biologica ed equilibrata e lo fanno mediante seminari, convegni, cene sociali, corsi, mantenendo sempre i prezzi bassi per dar modo a tutti di partecipare.

Mario Pianesi negli anni ha tenuto più di 6500 conferenze pubbliche e gratuite ed è sicuramente un pioniere dell’alimentazione consapevole, attenta, ed ecologica, grazie anche alle etichette per alimenti da lui ideate. Le etichette pianesiane contengono tutte le informazioni utili per il consumatore, dalla coltivazione al processo di produzione, indicando tutte le fasi ed i passaggi.

Di seguito due link che riguardano questo grande genio Italiano, sicuramente non abbastanza conosciuto ed apprezzato.

Tara Gandhi e Mario Pianesi cittadini onorari di Tolentino

Medaglia di Napolitano per Mario Pianesi